La Torretta (Antica Torre di Prata) Print

Un po' di Storia

La Torretta di Prata o di Casoli            Altre notizie su Prata

Torretta TorrettaLa “Torretta di Casoli” è l’unica struttura architettonica visibile del conosciuto e antico Feudo di Prata, un luogo di grande importanza per la storia religiosa dell’intera Valle dell’Aventino e oltre. La Torre di Prata identifica un luogo che a ragione possiamo considerare il primo centro da dove si diffuse l’evangelizzazione cristiana nella Valle dell’Aventino. La collina di argille e marne, ancora oggi coperta da una lecceta di interesse naturalistico, sorge a poca distanza dalla confluenza tra l’Aventino e il Verde, in un contesto geografico modificato dal lago artificiale di S.Angelo nel cui sito, fino agli anni ’50, si stendevano campi coltivati. Un colle che nei secoli altomedievali era interamente coperta da bosco, visibile dalla “villa” rustica di Fonte di Civitella e dalla romana Cluviae di Piano Laroma. Anche la strada pedemontana che collegava i due insediamenti romani proseguendo fino a Palena nel sec. IX  seguiva un tracciato distante da Prata più utile al vicino  monastero di S. Martino in Valle di Fara. Si trattava di un luogo appartato, protetto dal bosco e dall’impetuosità dell’Aventino, e dalla morfologia accidentata e poco adatta alla utilizzazione agricola.
Torre innevataLe vicende di Prata mutarono radicalmente nel secolo IX quando vi si stanziò una comunità di 8 monaci di rito greco, provenienti dalla Calabria, protetti dai benedettini di Montecassino. Erano religiosi che fuggivano dalla violenza saracena e si rifugiavano in questo territorio dominato dai Longobardi beneventani vivendo da eremiti con probabile contatto con i monaci di S. Martino in Valle. Erano S.Orante di Ortucchio, S.Nicola Greco di Guardiagrele, S.Falco di Palena, S.Franco di Francavilla, S. Rinaldo di Fallascoso e S. Ilarione di Bitonto, loro capo spirituale. Di questi solo S.Nicola, vissuto per oltre 100 anni, morì in Prata dove vi restò sepolto fino al 1343  all’interno di una chiesa ancora esistente nella metà del secolo XIX intitolata a S. Nicoletto.

La traslazione del corpo nel 1343 voluto da Napoleone II Orsini,  feudatario locale, nella chiesa francescana di Guardiagrele dimostra la decadenza di Prata ma non del culto di S.Nicola. La giovane comunità francescana guardiese che nel Trecento rappresentava la “novità” religiosa nel territorio fu ben accolta dalla nobiltà angioina e l’acquisizione delle reliquie di S.Nicola permetteva loro di trasformare la chiesa in un santuario di sicura frequentazione popolare.

Oggi Prata è un luogo archeologico di grande interesse e importanza la cui morfologia rivela l’antichità dell’insediamento con numerose tracce di laterizi o pietre lavorate e tracce murarie anche di fortificazione scomparse mentre la Torretta, per la sua posizione e la robustezza muraria, si è conservata per l’uso continuativo nei secoli come torre d’avvistamento collegata visivamente con le altre strutture difensive della valle. I muri della torre di pietra marnosa a vista avevano cantonali di pietre “ferregne” (roccia di colore ruggine) riutilizzate per costruire una casa rurale prossima al lago che anticamente le davano un aspetto più autorevole. Prima del restauro l’unico vano interno conservava le tracce di un solaio ligneo e alcuni aggrottamenti creati dall’azione dell’uomo, riconducibile al II Conflitto Mondiale, quando la torre diventò un rifugio militare.  Il restauro ha consentito la conservazione e il consolidamento della struttura muraria.
All’interno si conservano lacerti di intonaco medievale sulla volta interna con graffiti e segni; le aperture che sembravano aggrottamenti informi all’interno (lato montagna) erano ripostigli la cui geometria è ben evidente da alcune tracce nella muratura (conservate e rese visibili) e dalla levigatura di massi dovuta all’usura nell’appoggiarci le vettovaglie; la scaletta interna completamente demolita si era conservata in due gradini che fortunatamente sono stati rinvenuti sotto lo strato di calcinacci e che hanno permesso di capire la tipologia delle alzate e pedate; sempre nella parete interna si è rinvenuta la chiara geometria della feritoia da inequivocabili tracce. La Torretta aveva un altro piano coperto da una volta a botte la cui geometria è resa ben evidente dalla muratura curva; ed a conferma di ciò si scopriva un piccolo accenno di una scaletta che conduceva al piano superiore. Un focolare, tratti di muratura curva utile a sostenere macchine belliche,  rottami di coppi di terracotta, tracce di una feritoia e di ripostigli in asse con quelli del piano sottostante hanno fatto intuire che si trattava del vano più sicuro  utilizzato dai militari. Le facciate hanno rivelato alcuni segni importanti: la presenza di fori circolari (diametro di circa 10 cm) in uno dei quali è ancora infisso un tronco ligneo a poca distanza dal calpestio dell’ultimo piano ha fatto ipotizzare l’esistenza di una copertura provvisoria o successive ricostruzioni murarie per le quali i fori sarebbero nient’altro che buche pontaie.

Testo di Mario Pellegrini